Home » Cosa vedere a Catanzaro e dintorni: la città e il suo istmo

La penisola italiana, che si allunga dalle Alpi fino allo Stretto con la sua caratteristica forma a stivale in direzione NordOvest – SudEst, presenta un’originalissima “strozzatura” a livello dell’area centrale della Calabria: è l’Istmo di Catanzaro, la parte in assoluto più stretta d’Italia.

Si tratta infatti di una sottile lingua di terra, di appena trenta chilometri, che divide il mar Jonio dal mar Tirreno, antico e affascinante luogo di incontro fra Oriente e Occidente.

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Istmo visto dallo spazio

Un po’ di storia

Non è solo una peculiarità geologica e geografica: qui il territorio conserva tracce di storia, arte, tradizioni, leggende e miti che interessano l’intero Paese.

Non tutti sanno che proprio da quest’area, e da quella posta immediatamente a sud, trae origine il nome Italia, termine che deriva dal vocabolo Italòi con cui i Greci designavano i Vituli, cioè gli Itali, una popolazione che abitava queste terre e adorava il simulacro di un vitello.

Il nome, dunque, significa “abitanti della terra dei vitelli” e fino all’inizio del V secolo a.C. indicava soltanto l’attuale Calabria, per poi identificare gradualmente tutta la parte meridionale del Paese. Dal 49 a.C. con Italia ormai ci si riferiva all’intera penisola giacché l’imperatore Augusto dilatò i confini ad Est includendo l’Istria e ad Ovest fino al fiume Varo (l’attuale zona di Nizza).

Per quanto è dato sapere, è lo storico Antioco a parlarci di tali vicende:

«L’intera terra fra i due golfi di mari, il Nepetinico [S. Eufemia] e lo Scilletinico [Squillace], fu ridotta sotto il potere di un uomo buono e saggio, che convinse i vicini, gli uni con le parole, gli altri con la forza. Questo uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia. E quando Italo si fu impadronito di questa terra dell’istmo [di Catanzaro], ed aveva molte genti che gli erano sottomesse, subito pretese anche i territori confinanti e pose sotto la sua dominazione molte città».

La vicenda di Re Italo, risalente alla tarda età del ferro, è presentata con una tale perentorietà che può essere affrancata dalla dimensione del mito e della leggenda, per  essere consegnata alla storia; nella “Guerra del Peloponneso” Tucidide scrive infatti che:

«sonovi poi ancora dei Siculi in Italia, la quale trasse questo nome da un tale chiamato Italo re degli Arcadi».

E Aristotele conferma.

Ce n’è abbastanza insomma per rendere assai carico di suggestioni e meritevole d’essere visitato questo spicchio meridionale d’Europa, baciato dal sole, dai due mari e dal vento.

Catanzaro, la città delle tre “V”

Vento che a Catanzaro, capoluogo della Regione Calabria, non manca mai, al punto che la città che dà il nome all’omonimo Istmo è conosciuta anche come la città delle tre “V”: vento, velluto, Vitaliano. Quest’ultimo è il Santo Protettore mentre il velluto rimanda all’antica arte della seta di cui il centro calabrese è stato – per tutto il Medioevo e fino alla fine del XVIII secolo – un centro nevralgico e molto ricco, fra i più attivi d’Europa in questo settore. Ancora oggi infatti molti toponimi del suo centro storico evocano quei fasti: rione Filanda, Via Gelso Bianco, Vico dell’Onda. C’è anche una suggestiva ipotesi in ordine alla quale il nome attuale della città deriverebbe dal termine greco Katartarioi, ovvero filatori di seta.

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Catanzaro

Passeggiare per i vicoletti del centro storico di Catanzaro, posto su un monolite imprendibile a 330 metri sul livello del mare (vano fu l’assedio dei francesi del 1528: durò tre mesi e non riuscirono a prendere la città!), è un’esperienza  che rimanda a quel passato, nonostante le ferite urbanistiche inferte nella seconda metà del secolo scorso al suo tessuto medioevale ne abbiano minato la piena visibilità e godibilità.

Ma la città non è solo il suo nucleo antico. Si estende infatti lungo un territorio abbastanza ampio che dalle verdi e rigogliose pendici della pre-Sila giunge fino al blu della meravigliosa costa jonica, dove insiste il suo vivace quartiere marinaro, dal quale – secondo un’altra leggenda a cui crede molto lo storico tedesco Armin Wolf – Ulisse ripartì per Itaca.

Parco archeologico

Da queste parti è possibile visitare il parco archeologico di Scolacium, la città romana realizzata sulle rovine del precedente e strategico insediamento greco di Skylletion: vi si possono visitare i resti della colonia romana con i monumenti più importanti, avanzi di strade lastricate, di acquedotti, di mausolei, di impianti sepolcrali, di un impianto termale, e vari materiali architettonici nonché ceramiche e gruppi scultorei. Ma è certamente il teatro, posto su un pendio naturale della collina e atto ad ospitare cinquemila spettatori, a rappresentare il pezzo forte. A pochi metri da questo sorge l’anfiteatro. All’interno del parco archeologico, immerso in un uliveto, bisogna assolutamente visitare il Museo nonché l’imponente Basilica costruita dai Normanni.

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Parco Archeologico di Scolacium – Anfiteatro romano

L’intera area da anni è aperta ad eventi “esterni”, quali la rassegna di scultura curata dal museo MARCA di Catanzaro che finora ha proposto opere di artisti internazionali del calibro di Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wimm Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Openheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn; ma anche eventi estivi quali “Armonie d’Arte festival”, che sin dal 2000, nell’incantato scenario del parco, offre musica, teatro, danza, con la presenza di artisti internazionali.

Questa è anche la terra di Cassiodoro, politico, letterato e consigliere di Teodorico il Grande, che fu Imperatore dal 493 al 526. A Squillace, Cassiodoro fondò il Vivarium, considerata la prima università cristiana.

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Parco Archeologico di Scolacium

Dopo avere assaporato l’odore di un Golfo così antico, un tempo teatro di fitti traffici commerciali e culturali con la dirimpettaia Grecia, si può ritornare sui tre colli di Catanzaro per assaporare il suo piatto tipico, “u morzeddhu”, una sorta di trippa un po’ più ricca, a base di interiora di vitello.

I musei

E dopo aver ritemprato il corpo, si può continuare il viaggio visitando i Musei del capoluogo calabrese: il Marca (collezioni permanenti inclusa la gipsoteca Jerace, nonché mostre temporanee di arte contemporanea), il March (archeologico e numismatico), il Musmi (militare), l’originale Museo delle Carrozze, la casa natale di Mimmo Rotella (tra i primi sperimentatori al mondo della tecnica del décollage), il grazioso Museo del Rock, il Museo Diocesano, il complesso monumentale del San Giovanni, realizzato sui resti del castello normanno, che ospita sale espositive, gallerie sotterranee e una piazza panoramica. Da quassù è possibile godere non solo di una vista mozzafiato sul Golfo di Squillace, ma anche sul vicino Viadotto Morandi, un imponente e sorprendente ponte ad arcata unica, un vero e proprio monumento ed il simbolo moderno della città.

A Catanzaro, inoltre, è possibile passeggiare nel Parco della Biodiversità Mediterranea, settanta ettari di ecosistema in cui convivono grandi varietà floristiche e faunistiche, la deliziosa Villa Margherita, e il più grande (settecento ettari) e più selvaggio bosco Li Comuni.

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Parco della Biodiversità Mediterranea

Tiriolo

Infine, non si può avere contezza di cosa sia geograficamente l’Istmo di Catanzaro se non lo si osserva dall’alto; ma non è necessario volare: è sufficiente recarsi a Tiriolo, 800 metri sul livello del mare e a  dieci chilometri dal capoluogo. Tiriolo non a caso è definito il paese tra i due mari: dalle suggestive curve che salgono sino al vecchio borgo è possibile ammirare contemporaneamente il mar Jonio, volgendo lo sguardo a Est, e il mar Tirreno con annesso Stromboli, volgendo lo sguardo a Ovest.

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Viadotto Bisantis

E se proprio si è in vena di romanticismi e di bellezza, alle prime luci del mattino ci si può estasiare col sole che sorge sul primo, mentre la sera ci si può entusiasmare per il sole che scompare lungo la linea dell’orizzonte del secondo. Nel frattempo, è consigliata una visita tra le botteghe artigiane del paese e ai resti dello splendido Palazzo dei Delfini, risalente alla cultura brettia del III secolo a.C.

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